La malattia cancro si configura nel soggetto che ne è colpito e nella sua rete relazionale come un evento di vita avverso il cui impatto ricade su tutte le dimensioni del soggetto: somatiche, emotive, cognitive, comportamentali, relazionali, spirituali (Capezzani, 2013) E’ anche un evento avverso di durata non breve che attraversa il processo di cura e guarigione a partire dalla fase di segnalazione dei primi sintomi, per proseguire con quella della diagnosi, della presa di decisioni terapeutiche, delle terapie, in regime di day-hospital e/o di ricovero, della dimissione o dismissione delle cure, di guarigione, di follow-up, di recidiva eventuale fino ad arrivare sul lungo tempo alla fase dell’assimilazione dell’evento nel corpo delle proprie memorie episodiche. Si può parlare cioè di un evento che rischia di dare evidenza di frammentazione del soggetto colpito e della sua rete sociale e quindi di vissuti traumatici (Capezzani et al., 2013; Faretta, a cura di, 2014; Faretta et al., in stampa), anche vicari, nel paziente e la sua famiglia. Studi recenti di neurofisiologia (Pagani et al, 2013; in stampa) mostrano come a seguito di eventi traumatici che minacciano la vita e alla propria qualità di vita, come il cancro ad esempio, modificano il cablaggio neuronale e rendano conto della scarsa regolazione somatica ed emotiva di molti pazienti traumatizzati, delle loro difficoltà nel prendere decisioni, dei loro stile anche di attaccamento, in questo caso anche nei confronti dei medici. Gli stessi studi stanno trasformando il modello bio-psico-sociale di Engel, usato finora come riferimento descrittivo esplicativo ed applicativo delle dinamiche di stress e crisi della dimensione cancro, e lo informano delle basi neurofisiologiche delle risposte traumatiche anche di attaccamento confermando l’indicazione psicoterapeutica con EMDR (Shapiro, 1995), che è finora l’unica forma di terapia evidence based che ha mostrato evidenze di variazioni neurofisiologiche adattative per i disturbi traumatici anche dovuti a cancro.